Trans Europa… diritti e discriminazioni per i transessuali in Europa.

Alessandro Valera intervista Julia Ehrt da Transgender Europa
Traduzione: Mauro Longo

Sotto: Julia Ehrt
Photo di Anja Weber

 

trans*Julia Ehrt è una delle due leader di Transgender Europe, una rete che riunisce trans*organizzazioni di oltre 20 paesi Europei. Lo scopo di Transgender Europe è di condividere informazioni per il benessere di organizzazioni trans* in Europa (non solo in quei paesi membri dell’Unione Europea, ma anche per quelli riuniti nel Consiglio d’Europa) e di rappresentare la comunità a livello istituzionale.

AV: quali sono le principali forme di discriminazione a scapito delle persone trans* in Europa?

JE: innanzitutto bisogna distinguere tra discriminazione diretta e indiretta. La prima si incontra quotidianamente nelle strade e sul lavoro. La seconda può essere definita come strutturale, perpetrata dallo stesso stato e dalle sue leggi.

Le manifestazioni principali di discriminazione indiretta sono rappresentate dalla difficoltà di riconoscere legalmente la transessualità –la possibilità di cambiare il tuo nome o il tuo genere sui documenti ufficiali. In diversi paesi ciò non è possibile. Nei paesi dove invece è possibile, spesso i requisiti sono irragionevoli: ad esempio bisogna dimostrare di essere permanentemente sterili, o di aver subito un’operazione per cambiare sesso, e in tutti i paesi bisogna presentare una diagnosi di transessualità o un documento simile, ovvero nient’altro che una dichiarazione di infermità mentale.

Cambiare legalmente nome e genere è fondamentale, poiché altrimenti susseguiranno una serie di ulteriori discriminazioni come l’assenza di documenti. Semplici azioni come ritirare la posta, pagare con una carta di credito o eseguire il check-in all’aeroporto diventano impossibili.

La discriminazione diretta non è certo migliore. Principalmente si tratta di accesso al mercato del lavoro, crimini e violenze basate sull’odio, inclusi gli omicidi. Raccogliamo dati in queste aree attraverso varie ricerche, che includono Trans Murder Monitoring Project, che tiene traccia dei transessuali uccisi nel mondo. Negli ultimi tre anni e mezzo, 41 transessuali sono stati uccisi in Europa. Una ricerca britannica, che ha utilizzato i dati dallo studio TransEuro del 2008, conferma che l’80% dei transessuali riceve giudizi negativi, violenza verbale, fisica e sessuale nella loro vita di tutti i giorni. Il restante 20% rappresenta coloro la cui transessualità non risulta evidente.

L’accesso al mercato del lavoro è ugualmente catastrofico: il tasso di disoccupazione per i transessuali è sensibilmente più alto del resto della popolazione.

AV: Nella tua risposta ti riferisci a coloro che decidono di cambiare genere. Quali sono invece i problemi per coloro che non si riconoscono in nessuno dei due generi (o in entrambi)?

JE: Il loro è un doppio sforzo. Essere in grado di cambiare genere senza doversi sottoporre a trattamenti irragionevoli come la sterilizzazione rappresenterebbe un grosso passo in avanti. In ogni caso, avere libertà di scelta non comprometterebbe la libertà di nessuno e migliorerebbe la vita di molti che non si riconoscono nelle etichette “maschio” o “femmina”.

AV: Qual è il paese in Europa che maggiormente rispetta la dignità dei transessuali, sia in termini di comportamenti sociali che di disposizioni di legge?

JE: È molto difficile giudicare e misurare i comportamenti sociali, per cui non mi sento in grado di dare una risposta. In termini di politiche e di procedure legali, la Scozia è il paese migliore in cui trovarsi. In termini di leggi, la Scozia ha delle normative che riconoscono la transessualità come genere ed è l’unico paese che prevede una specifica legislazione per i crimini connessi all’odio verso i transessuali. Inoltre, in quanto parte del Regno Unito, molto buone sono anche le leggi anti-discriminazione in genere.

In termini di protezione contro la discriminazione, anche la Svezia si comporta bene. In termini di riconoscimento legale della transessualità, Spagna e Portogallo hanno delle buone leggi. Comunque, in Portogallo la legge è abbastanza recente, e bisogna quindi aspettare di vedere come la situazione evolverà. Una buona legge non sempre vuol dire una sua buona applicazione.

Sotto: Yara e Sass che lavorano per trans*diritti

271966_10150304073999085_578854084_9228301_1034143_oAV: E in che paese, invece, la situazione è particolarmente preoccupante?

JE: In termini di reati connessi all’odio, la situazione è particolarmente grave in Turchia e in Italia, con 13 omicidi in entrambi i paesi negli ultimi tre anni e mezzo sui 41 totali in Europa. L’Italia è uno dei paesi peggiori anche in termini di ambiente legislativo. La legge sul riconoscimento di genere è particolarmente negativa: per cambiare nome o genere bisogna essere sterilizzati, aver subito un intervento chirurgico e si è costretti a divorziare, se sposati. Una corte ha recentemente stabilito che la sterilizzazione non dovrebbe essere obbligatoria, ma bisogna vedere se tale sentenza sarà attuata.

In Irlanda non esiste una legge per cambiare nome o genere nonostante una sentenza della Corte Costituzionale in merito. L’Irlanda è obbligata a fornire la possibilità di cambiare nome e genere ma si è finora mostrata riluttante a provvedere.

In termini di riconoscimento legale, anche la Svezia si comporta sorprendentemente male, laddove richiede tuttora che siano soddisfatte condizioni irragionevoli. Comunque tale legge è in fase di revisione e la situazione potrebbe cambiare considerevolmente nel corso dei prossimi sei mesi.

AV: Che cosa fa l’UE per salvaguardare gli interessi e i diritti dei transessuali?

JE: L’area principale in cui l’Unione ha competenza è quella contro le discriminazioni. Ciononostante, il problema è che la discriminazione in base al genere non ha fondamento nel Trattato dell’Unione. Comunque, in virtù di numerose sentenze, la discriminazione a scapito dei transessuali è stata inserita nell’ambito delle discriminazioni sessuali. Alcuni stati, inoltre, non implementano affatto, o solo parzialmente, le direttive europee in merito, e solo alcuni, quale ad esempio la Germania, hanno recepito le normative nella loro interezza.

AV: C’è qualcos’altro che l’UE potrebbe fare all’interno delle proprie competenze?

JE: L’UE potrebbe fare molto, ma ci vorrebbero volontà e coraggio a livello politico. La discriminazione si potrebbe combattere seguendo l’approccio della libertà di movimento. Quando alcuni cittadini non riescono a viaggiare perché non hanno documenti che rispecchiano il loro genere, nome e aspetto, ci troviamo di fronte ad una violazione della libertà di movimento. Tale volontà politica sta crescendo, ma non ad una velocità sufficiente.

Si potrebbe, in alternativa, aggiungere la discriminazione di genere al Trattato Europeo. Ciò richiederebbe un voto unanime dei 27 stati membri,ed è perciò improbabile nel prossimo futuro.

Ad ogni modo si sono registrati dei progressi in quest’area. La Commissione Europea ha pubblicato una roadmap per l’uguaglianza di genere, nella quale l’identità di genere è menzionata per la prima volta. Ciò potrebbe convincere i commissari a prendere i dovuti provvedimenti.

AV: La mia impressione è che l’opinione pubblica abbia molto più chiare le richieste della comunità gay, con il diritto al matrimonio come elemento più evidente e simbolico. Quale potrebbe essere la rivendicazione simbolo dei transessuali in Europa?

JE: Il loro riconoscimento legale a cambiare nome e genere.

AV: Grazie Julia, è stato un piacere.

JE: Grazie a te.