Le Invasioni Barbariche

Articolo di Mauro Longo

Si diceva che sarebbero arrivati a decine di migliaia solo il primo giorno, nella mattina di Capodanno 2014. Che l’invasione sarebbe stata di portata e dimensioni tali che il paese, privo di antidoti e strategie, sarebbe presto stato messo in ginocchio e portato al collasso, dopo aver visto spremute tutte le risorse fino all’ultimo penny. Si diceva che il Welfare State sarebbe crollato sotto il peso delle richieste di sussidi di disoccupazione e di spese mediche a carico del contribuente. E invece.

Il 1 Gennaio sono state definitivamente rimosse le limitazioni all’impiego di cittadini bulgari e rumeni all’interno dell’Unione Europea. In Gran Bretagna il governo aveva paventato un numero di arrivi sostanziosi, in un momento in cui i discorsi sull’immigrazione (da un punto di vista principalmente politico, più che numerico) e sull’Europa sono entrambi temi particolarmente sensibili. Tra le varie proposte al vaglio del governo nei mesi precedenti alla rimozione delle limitazioni, spiccavano la proroga delle limitazioni stesse (in palese violazione dei principi di base dei Trattati Europei), una campagna pubblicitaria da sviluppare in Romania e Bulgaria sulle pessime condizioni meteorologiche nel Regno Unito, il divieto per i cittadini europei di accedere alle cure mediche gratuite e al sistema di benefit.

Nel frattempo però nessuno si è preoccupato di farsi trovare preparato di fronte alle necessità di integrazione ed inclusione di nuovi migranti: un problema peraltro preesistente all’apertura delle frontiere per i cittadini bulgari e rumeni. Piuttosto che prevedere misure per alleviare la pressione su case, sanità ed servizi pubblici, il governo si è premurato di restringere l’accesso ai benefit, nonostante svariati studi mostrino che il migrante comunitario in Gran Bretagna è un contribuente netto (cioè paga più tasse e utilizza meno sussidi pubblici del cittadino britannico).

Nonostante stime semi-ufficiali del governo prevedano l’arrivo di soli 13.000 cittadini bulgari e rumeni nel 2014 (i maligni dicono che stime ufficiali non siano state rilasciate perché “troppo positive”), e nonostante chi effettivamente avesse voluto trasferirsi da quei due paesi lo ha probabilmente già fatto (oltre 150.000 cittadini di Bulgaria e Romania attualmente vivono e lavorano nel Regno Unito), la politica e il governo hanno fatto tutto il possibile per inasprire i toni, col rischio di creare un problema laddove il problema non esisteva. L’ambasciatore rumeno a Londra si è fatto una risata, dicendo che i lavoratori del suo paese preferiscono emigrare verso Italia e Spagna, paesi latini come la Romania. Ma a più riprese si è rischiato l’incidente diplomatico, con rumeni e bulgari di volta in volta raffigurati come criminali, nullafacenti, parassiti.

Non sono ancora disponibili cifre ufficiali, ma da ciò che si è visto negli aeroporti londinesi la mattina del 1 Gennaio, l’invasione non c’è stata. Sul primo volo atterrato a Londra da Bucarest nel nuovo anno, solo un passeggero arrivava con l’intenzione di cercare lavoro in Gran Bretagna. Gli altri erano turisti o residenti che tornavano a Londra dopo il Natale passato a casa. Nel frattempo il governo Cameron insiste con discorsi che sembrano spingere la Gran Bretagna sempre più verso il baratro dell’uscita dall’Unione Europea. Vengono quasi quotidianamente rilanciati allarmismi sull’immigrazione comunitaria, sulle ingerenze della Corte Europea per i Diritti Umani, su leggi e regolamenti comunitari che frenano il rilancio dell’economia britannica. Ma si dimentica che, con regolarità, le stime catastrofiche vengono smentite dai fatti e dalle cifre ufficiali; che le grandi industrie con base nel Regno Unito hanno esplicitamente avvertito il governo che si trasferiranno altrove nel momento in cui la Gran Bretagna dovesse uscire dall’Unione Europea; che si cerca di scaricare sull’Europa la responsabilità di fallimenti tutti inglesi. Ma il 2015 è anno di elezioni e, si sa, l’immigrazione è un tema sensibile. Al baratro penseremo dopo.