Non-discriminazione in base all’orientamento sessuale

Le coppie sposate ed i partner registrati sono in una situazione comparabile.


image: freehindou.com
 
Intervista : Maëva Kokodoko
Traduzione: Greta Galeazzi
 
Un mese dopo la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) dell’11 maggio 2011, numerosi interrogativi si pongono sull’impatto della giurisprudenza Maruko/Römer (vedere sintesi dei casi) e della Direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Nei due casi, la legislazione nazionale accordava un trattamento meno favorevole alle persone che avevano sottoscritto un’unione civile registrata rispetto al trattamento accordato alle persone sposate. La CGUE ha affermato che, nei due casi, la situazione delle coppie sposate e di quelle unite in un patto civile registrato è paragonabile. Una legge che sfavorisce una coppia in un patto civile costituisce una discriminazione diretta[1].

Abbiamo posto alcune domande al Prof. Jean-Philippe Lhernould, professore di Diritto Privato, membro dell’Institut de droit social et sanitaire dell’Université de Poitiers, esperto presso la Commissione Europea ed autore di numerose pubblicazioni tra cui “Diritti sociali delle coppie omosessuali”.
 
Maëva: La CGUE lascia al giudice nazionale un largo margine di manovra per determinare se le situazione è comparabile. Questa soluzione non è oggi poco soddisfacente o ipocrita da parte della CGUE?
 
Jean-Philippe Lhernould: Avete ragione se consideriamo che la comparazione è l’elemento chiave del processo di valutazione dell’esistenza di una discriminazione. Detto ciò, il processo di rinvio pregiudiziale si basa sulla cooperazione tra la CGUE ed il giudice nazionale, che implica che quest’ultimo conserva un margine di manovra.
 
M.: La CGUE assume in modo sufficiente un ruolo di protettrice del diritto alla non discriminazione in base all’orientamento sessuale?
 
JP L.:Domanda molto generale. Diciamo che la CGUE sceglie la via che sembra giuridicamente più corretta. Il fatto che qualifichi come “discriminazione diretta” le situazioni presenti nelle sentenze Römer et Maruko può portarci a considerarla come una protettrice di questo diritto.
 
M.: Dovrebbe definire in modo più preciso la nozione di situazione comparabile?
 
JP L.:Delle sentenze future giudicanti fatti differenti potrebbe dare un’occasione del genere alla CGUE. Non bisogna però dimenticare che il ruolo del giudice è risolvere un litigio, non legiferare.
 
M.: D’altra parte la CGUE, indicando che la discriminazione negli affari Römer et Maruko è stata diretta, ha forse protetto maggiormente i diritti delle coppie unite in patti civili rispetto al giudice nazionale tedesco che ha affermato che nel caso Maruko la discriminazione è stata indiretta ed ha così lasciato spazio a possibili giustificazioni.
 
JP L:Infatti. Il giudice tedesco avrebbe pertanto dovuto seguire la qualificazione sostenuta dalla CGUE.
 
M.: Le coppie omosessuali (in un patto civile) hanno gli stessi doveri ma non gli stessi diritti delle coppie eterosessuali (spostate). Cosa pensate di questa affermazione?
 
JP L:Dipende dall’analisi delle legislazioni nazionali interessate. In Francia, i due status sono praticamente identici, ad esclusione dell’adozione. Come giurista, non ho alcun commento su questa restrizione, che riflette una questione molto delicata.
 
M.: Pensate che le legislazioni nazionali facciano troppo spesso referenza all’idea tradizionale di matrimonia quando si parla di diritti, e dimenticano questa referenza per i doveri (contributi e tasse)?
 
JP L: Domanda interessante. Uno studio più approfondito potrebbe in effetti rivelare che il regime matrimoniale appaia sostanzialmente nel campo dei diritti. Un regime contributivo (fondato sulle imposte) sostiene meno le differenze legate al regime matrimoniale piuttosto che la causa di prestazione che risiede nei contributi versati.
 
M.: Nella sentenza Römer la Corte indica che il partenariato civile si trova “in una situazione giuridica e fattuale paragonabile a quella di una persona sposata in ciò che concerne la pensione”. L’elemento “fattuale” indica che il giudice nazionale riesaminerà la questione caso per caso?
 
JP L.:E’ un problema che ho sollevato nel mio commento alla sentenza Römer. E’ difficile sapere ciò che la CGUE ha voluto dire, od anche se la Corte abbia voluto dare un significato preciso a queste parole. Se paragoniamo la giurisprudenza uomini/donne, il paragone è fatto in funzione del beneficio accordato, e non dalla situazione fattuale.
 
M.: Se il caso entra nel campo di applicazione della direttiva 2000/78, è preferibile invocare la direttiva o la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU)? Per quale motivo?
 
JP L.:Domanda molto interessante. Davanti al giudice nazionale, in teoria, non si può invocare la direttiva poiché non ha effetto diretto orizzontale (occorre quindi ricorrere all’interpretazione conforme del diritto interno). Il vantaggio della CEDU è che può essere invocata direttamente… ma bisognerà convincere il giudice, in assenza di una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulle discriminazioni legate all’orientamento sessuale, di applicare una disposizione generale (art. 14) ad un caso concreto. Peraltro, il regime di giustificazione non è lo stesso.
 
M.: La nozione di situazione paragonabile potrebbe in futuro essere generalizzata ed utilizzata (per esempio come la nozione del buon padre di famiglia) per accordare più diritti alle coppie omosessuali (in un partenariato civile)?
 
JP L.: La Halde  (Haute Autorité de Lutte contre les Discriminations et pour l'Egalité) l’ha già utilizzata. La comparazione è la chiave dell’azione nella discriminazione: è quindi il punto di partenza per rispondere ad una richiesta di diritti da parte delle coppie omosessuali. La questione non è di “accordare più diritto” ma di ristabilire l’uguaglianza di trattamento.
 
Ulteriori informazioni:
 
Krzysztof Smiszer, Discriminazione in base all’orientamento sessuale ed i casi Maruko e Römer  della Corte di Giustizia dell’UE  (Slides, ingl.)
 
Decisione della Corte di Giustizia dell’UE Römer del 11 maggio 2011
 
Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
 

[1]    La giurisdizione tedesca alla quale il caso Maruko era stato rinviato, ha giudicato che la discriminazione è stata indiretta.