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Svezia-Turchia: un nuovo capitolo sul genocidio armeno

Patnos, Van- Armenian women“. Photo by: haabet2003/Flickr).

Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente“. (Indro Montanelli)

Negli ultimi giorni è tornato alla ribalta un argomento di cui non si vuole più parlare. Forse per ignoranza, per paura, oppure per il semplice quieto vivere. Il giorno 11 marzo il parlamento svedese ha approvato, contro il volere del governo, una mozione che riconosce come genocidio il massacro armeno del 1915 da parte dei turchi. La risoluzione è passata per un solo voto di differenza: 131 favorevoli e 130 contrari, con 4 deputati di maggioranza che hanno disatteso le direttive governative. A seguito del fatto, si è aperta una crisi diplomatica tra Svezia e Turchia. Come riferito dal quotidiano locale svedese “The Local“, il giorno successivo l’ambasciatore svedese nella sede di Ankara, Christer Asp, è stato convocato dal ministro degli Esteri turco, poche ore dopo che il premier turco Recep Tayyip Erdogan esprimesse due forti decisioni: quella di annullare il summit previsto in Svezia per il 17 marzo e quella di richiamare in patria, fino a data da definirsi, l’ambasciatore turco a Stoccolma, Zergun Koruturk. Quest’ultimo ha affermato che questa risoluzione avrà un impatto drastico sulle relazioni tra i due paesi, dichiarando: “non è un lavoro da deputati decidere se c’è stato o meno un genocidio“. Il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt ha definito questa mozione un errore, ma ha aggiunto che in ogni caso non comprometterà la posizione favorevole del governo all’entrata della Turchia nell’UE.

MA COSA SI INTENDE PER GENOCIDIO ARMENO?

È uno dei genocidi più dimenticati e più discussi. Hitler lo prendeva da esempio parlando dei progetti che aveva in mente: “chi parla ancora oggi del genocidio degli armeni?“. Parlando di Ermeni Soyk?r?m? (genocidio armeno) ci si riferisce a due eventi specifici avvenuti tra la fine dell’800 e l’inizio del 900. Il primo è la campagna contro gli armeni perpetuata dal sultano ottomano Abdul-Hamid II (1894-1896); il secondo la deportazione degli armeni tra il 1915-1916 (il termine “genocidio” si riferisce particolarmente a questo episodio). Proprio in questo periodo infatti, i Giovani Turchi del Comitato Unione e Progresso, avevano spodestato l’impero ottomano: inizialmente proposero uguaglianza e fraternità, ma si richiedeva un tributo di sangue. Si temeva che gli armeni potessero allearsi con i russi, di cui erano nemici; inoltre sia l’esercito russo che quello francese, avevano cominciato ad appoggiare o finanziare gli armeni, incitandoli alla rivolta contro il nascente Stato repubblicano. Così nella notte tra il 24 e il 25 aprile 1915 cominciarono gli arresti, specialmente di intellettuali: in una sola notte ci furono circa 600 vittime; da questo momento cominciarono le deportazioni verso gli aridi deserti della Siria e della Mesopotamia settentrionale. Nel 1919 i principali responsabili vennero condannati in contumacia, perché rifugiati in Germania. Con la Conferenza di Parigi del 1920, la responsabilità politica dello sterminio si attribuirà a Abdul Hamid II, al triumvirato del Comitato Unione e Progresso (Talaat, Djemale ed Enver) e infine a Ataturk, il quale pose il massacro come aspetto integrante della sua azione politica e militare. Le cifre ufficiali attestano tra 1.200.000/1.300.000 vittime. La fine della guerra, con il trattato di Sèvres, sancirà la nascita di uno Stato armeno.

QUAL’E’ LA POSIZIONE DEI NEGAZIONISTI?

Il negazionismo, molto in voga, purtoppo, anche nei confronti dell’Olocausto, è un atteggiamento storico culturale che fa uso di strumenti dialettici per negare l’evidenza dei fatti. La loro motivazione si basa sul descrivere le azioni dei Giovani Turchi come mera propaganda; si afferma che non è mai esistito un progetto concreto di sterminio, né un piano sistematico di eliminazione, e inoltre che il fatto non sia certo paragonabile allo sterminio nazista contro gli ebrei della Seconda Guerra Mondiale. Il governo turco si rifiuta di riconoscerlo come genocidio, e questa è una forte causa di attriti con l’UE: la magistratura del paese, inoltre, punisce con il carcere chi nomini in pubblico l’esistenza del genocidio, per propaganda anti-patriottica: lo stesso premio nobel Orhan Pamuk ha subìto questa condanna. Taner Akcam fu lo storico che per primo si permise di parlare in pubblico dell’argomento, e venne arrestato nel 1976 e condannato a 10 anni di reclusione. La scorsa settimana un’ emittente turca ha inserito l’Italia nella lista dei 20 paesi che riconoscono la questione armena come genocidio, ma il governo ha successivamente smentito, ricordando che il Parlamento italiano, in una risoluzione del 2001, ha impegnato il governo a “adoperarsi per il completo superamento di ogni contrapposizione tra popoli e minoranze diverse nell’area al fine di creare le condizioni, nel rispetto dell’integrità territoriale dei due Stati (Turchia e Armenia), per la pacifica convivenza e la corretta tutela dei diritti umani nella prospettiva di una rapida integrazione della Turchia e dell’intera regione dell’Unione Europea“. Nella lista dei 20 paesi che riconoscono il genocidio armeno, spicca il nome della Francia, Stato in cui è considerato reato la negazione del genocidio. Come ho già affermato precedentemente, in vista di un’entrata a pieno titolo nell’UE, la Turchia deve affrontare i propri errori e le proprie carenze. Si può sempre avere un opinione, ma non si può cambiare la storia, e ogni paese deve assumersi le responsabilità del proprio passato.