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Europa eretica: Jan Patočka come simbolo di contingenza dissidente

La post-Europa deve essere, stando a Patočka, fortemente consapevole della propria contingenza anche nel momento in cui proclama (soprattutto quando proclama) la santità dei principi universali.

Il termine “euro-scetticismo”, nell’accezione con la quale viene solitamente usato, crea una sorta di idiozia nel dibattito pubblico in quanto catalizzatore di varie posizioni diverse tra di loro. Possiamo accennare almeno a tre connotazioni possibili (ognuna delle quali richiederebbe ulteriori chiarimenti).

Una di queste sarebbe l’essere contrari all’Unione Europea per principio – opposti alla stessa possibilità che vi possa essere un’Unione tra popoli o nazioni Europei. Possiamo assumere che i nazionalisti ricadano in questa categoria, anche se vi sono delle possibili sfumature (uno potrebbe essere nazionalista ed a favore delle Nazioni Unite, ma non, per esempio, dell’Unione Europea, oppure potrebbe essere contrario ad ogni forma di internazionalismo).

Un’altra sarebbe connotata dall’essere critici verso l’attuale Unione Europe e le sue politiche – posizione, possiamo assumere, molto diffusa al momento ma che non equivale al negare la possibilità dell’UE in quanto tale; tale criticismo potrebbe, al contrario, essere interpretato come affermazione della possibilità e desiderabilità di un’Unione Europea alternativa.

Una terza connotazione ancora sarebbe quella di generalizzare l’approccio scettico alla politica in toto, rifacendosi a varie tradizioni filosofiche, religiose e scientifiche che ribadiscono l’importanza del dubbio e dell’interrogarsi durante la ricerca della verità o della giustizia.

Vi e’ inoltre un’ulteriore distinzione tra Europa ed Unione Europea che viene meno sia nel dibattito pubblico che nella narrativa della stessa UE – per ragioni ideologiche. L’Unione Europea e’ un’istituzione politica unica nel suo genere e difficile da definire (“un oggetto politico non identificato”, come l’ex-presidente Jose Barroso l’ha descritta). L’Europa, d’altro canto, e’ una figura mitica, un significante geografico dai confini non chiari, forse una ‘civilizzazione’, per migliaia di anni un soggetto di storia ed un oggetto di riflessione ed immaginazione politica, etica e poetica.

L’Unione Europea spesso parla di se stessa in termini di ‘Europa’ (qualcosa di estremamente frustante per tutti coloro che si considerano europei ma che non sono ancora parte dell’Unione Europea, ma anche per coloro che vogliono mantenere una certa autonomia per la ricca tradizione intellettuale europea).

Una cosa e’ l’essere critici o scettici verso l’Unione Europea come istituzione politica; un po’ diverso e’ invece l’essere critici dell’Europa come civilizzazione, rappresentazione storica o persino  tema letterario. Come spesso capita nei dibattiti pubblici non molto chiari che si alimentano di mistificazione ideologica, la distinzione e’ al momento sfruttata alla meglio dai populisti di estrema destra. Roger Helmer, europarlamentare del partito UKIP, e’ molto fiero dell’adesivo che porta il paraurti della sua macchina – riportante “Ama l’Europa, odia l’UE” (mentre guida, senz’altro traendo beneficio dalla mancanza di controlli di frontiera nell’entroterra dell’Europa, mostrandolo fieramente).

 Patočka fa luce sulla situazione

In mezzo a tutta questa confusione ed offuscamento, la persona ed il segno di Jan Patočka e’ per me simbolo di chiarezza. Eretico e scettico al massimo dal punto di vista teologico, filosofico e politico, morto per mano della repressione politica, socratico per aver osato sfidare la pretesa dello stato sulla verità assoluta ed aver organizzato una resistenza contro quest’ultima, il pensiero e la biografia di Patočka sono sufficientemente pregni di e fondati sulla storia e la riflessione Europea da poter illuminare l’inadeguatezza del nostro attuale dibattito sull’Europa e da fornirci delle definizioni che possono aiutarci.

La storiografia di Patočka dell’Europa-dopo-l’Europa, o della Post-Europa, ci permette di prendere una posizione che e’ assolutamente critica della storia Europea, cruenta ed assassina, e che ammette che le conseguenze della storia ci attribuiscano una particolare responsabilità in quanto Europei e quindi eredi del passato. Ancor di più nei casi in cui abbiamo, in molteplici modi, tratto beneficio dalla violenza inflitta su altri. Possiamo pensare che l’Unione Europea o una sua qualche variante possa essere il meccanismo politico più appropriato per affrontare questa storia fatta di conflitti e di contraddizioni, una storia che va ben al di la’ delle questioni di guerra e di pace includendo il colonialismo, la capacita’ distruttiva del progresso tecnologico ed economico europeo e le componenti profondamente inumane del pensiero europeo.

Il pensiero di Patočka ci aiuta a guardare all’Unione Europea come ad una potenziale conseguenza della storia europea, senza far coincidere quest’ultima con l’Europa e senza concepirla come il punto di arrivo di una storia teleologica del progresso e della riconciliazione. Nel pensiero di Patočka l’UE – al pari di ogni altra costruzione politica – e’ ampiamente aperta verso ogni critica o contestazione di tipo politico e la sua esistenza e’ giustificata non in termini di progresso politico bensì di responsabilità etica.

Durante questi tempi difficili per gli europeisti, quando le inadeguatezze dell’Unione e le disastrose conseguenze delle sue politiche attuali – dentro e al di fuori dei suoi confini – risultano così evidenti, la posizione di Patočka e’ sufficientemente complessa da riconoscere le contraddizioni etiche e morali della sfera politica, affermando al contempo stesso che e’ nostro dovere continuare a tentare di raggiungere un ideale europeo che pur sappiamo irraggiungibile nella sua forma più completa.

Ancor più importante, l’opposizione di Patočka nei confronti del totalitarismo, espressa politicamente attraverso il movimento “Capitolo 77”, che poneva l’accento sull’importanza dei diritti umani e della democrazia, ed ancor più profondamente nei suoi scritti filosofici, smentisce tutti coloro che sostengono di avere, o richiedono, risposte “definitive” ai problemi politici. La sua insistenza sui diritti umani – spesso vista in contraddizione con il suo approccio fenomenologico “a-soggettivo” – e’ al contempo stesso un’insistenza sulla contingenza dell’essere umano e sulla libertà radicale. Il Capitolo afferma che “L’idea di diritti umani non e’ altro che la convinzione che persino gli stati, persino la società nel suo complesso, sono soggetti alla sovranità del sentimento morale: essi riconoscono l’esistenza di qualcosa di incondizionato che e’ al di sopra di essi stessi, qualcosa verso il quale essi stessi hanno degli obblighi, qualcosa di sacro ed inviolabile.”

Patočka riconduce questo tratto assoluto dei diritti umani al concetto greco di “cura dell’anima” e si potrebbe dire che secondo il filosofo i diritti umani precedono la nostra esistenza terrena e servono a proteggere l’umanità che risiede in ogni essere umano: essi sono garanzia della stessa possibilità che noi ci prendiamo cura delle nostre anime – in quanto garanzia della possibilità di esprimersi liberamente, di radunarsi insieme ad altri (esseri umani), di avere la libertà di stampa. Questi diritti umani proteggono le nostre capacità di perseguire, individualmente ed in quanto collettivo, la cura di noi stessi – qualcosa che pur non si riesce mai a raggiungere del tutto.

Qui bisogna notare un importante distacco di Patočka dall’idea di “cura dell’anima” come vista da Platone, secondo il quale era possibile per gli esseri umani diventare delle specie di divinità conoscitrici del concetto di vita umana ideale. La Cristianità eretica di Patočka, la sua analisi del misterium tremendum, del fatto che la verità di Dio non può essere del tutto rivelata, viene a significare che nessuno – e nessuno stato – può avere una risposta definitiva alle questioni morali, etiche o politiche e pertanto spazio deve essere lasciato alla contestazione, alla sperimentazione ed alle alternative. 

Se riferiamo questo discorso all’Unione Europea e alle sue politiche in diversi settori, soprattutto quello del discorso ‘moralista’ che si e’ creato intorno alle questioni del debito, della crisi e dell’austerità, potremmo trarre molte lezioni sul rischio di tendenze totalitarie in Europa e sull’importanza vitale del mantenere in atto diritti democratici ed umani. Questa post-Europa, secondo Patočka, deve essere profondamente cosciente della propria contingenza anche nel momento in cui proclama (soprattutto quando proclama) la santità dei principi universali.

Il profondo debito del pensiero di Patočka nei confronti del Cristianesimo costituisce il suo aspetto più problematico per coloro che vorrebbero usare i suoi concetti nella ricerca dell’Europa attribuendo loro un valore secolare od ateistico, il che sembra assumere ulteriore importanza in un’epoca di guerre religiose rigenerate. Ma l’approccio eretico di Patočka nei confronti della Cristianità, così come il suo avvicinamento ad altre religioni del libro, sono forse anche un monito del fatto che l’insistere sulla secolarità nella sfera pubblica possa implicare il rischio che si diventi più dogmatici che mai, ognuno di noi chiuso nella propria bolla: l’eresia e’ strettamente dipendente dalla possibilità di dissidenza e per Patočka, nella sua raffigurazione della solidarietà, un dibattito pubblico acceso – anche sulla vita spirituale – rappresenta il modo più autentico di vivere insieme.

 

Europe, the very idea e’ un’iniziativa editoriale sostenuta da Social Science in the City, progetto inaugurato dall’University of the West of England con lo scopo di promuovere l’impegno civile.

Translation: Bogdan Pavel

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