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European alternatives, il Congresso per il Cambiamento: interviste ai protagonisti

L’articolo originale è apparso su Manifesto Europa e si trova qua

Il 30 novembre scorso si è svolto, presso la sede del Parlamento europeo, il Congresso per il Cambiamento organizzato da Alternative Europee assieme all’Arci, Altramento, e Osservatorio Europa, per definire un percorso transnazionale di alternativa basato sulla partecipazione, la solidarietà e il controllo democratico sull’economia e la finanza. 

Il Congresso ha visto la partecipazione di attivisti, cittadini ed organizzazioni provenienti da tutto il continente. Molte le associazioni ed organizzazioni italiane.?Lo sfondo del dibattito è la crisi economico-finanziaria, la quale rappresenta senza dubbio una crisi democratica e sociale.

Rilanciare proposte di alternative direttamente ad un livello europeo è necessario per restituire ai cittadini il potere di decidere sul proprio futuro, contro ogni tentativo di delega del potere ai mercati finanziari.

Il dibattito si è focalizzato sulle necessarie riforme europee, fra cui sradicamento della precarietà attraverso l’introduzione del Basic income, reddito minimo europeo, allargamento delle libertà civili e dei diritti di cittadinanza a migranti, gruppi LGBT e comunità Rom, la necessità di bloccare quei processi di privatizzazioni dei beni comuni e di immaginare nuovi modelli produttivi. ?

“Le alternative per uscire dalla crisi sono tante e sono definite dai movimenti, dall’associazionismo e anche da parte del mondo politico” dichiara a Manifesto Europa Lorenzo Marsili, direttore di Alternative Europee. “Il problema che abbiamo,” continua Marsili, “è che non sono discusse nella sfera pubblica generale europea dove vige l’idea che non vi sia risposta alle politiche suicide di austerità. L’iniziativa di oggi vuole mostrare che le alternative esistono, che sono alternative possibili e reali, e soprattutto che ci sono le forze e le soggettività per mettere l’emozione e costruire un’Europa differente.”?

Manifesto Europa ha voluto porre delle domande riguardo precarietà, beni comuni, Basic Income, crisi, le sue possibili alternative, e sulla composizione e struttura dei nuovi movimenti ai relatori di questo Forum, come Ugo Mattei, giurista (è stato uno degli estensori dei quesiti dei Referendum sull’acqua pubblics) ed editorialista de il manifesto, Vittorio Agnoletto, di Flare, Luca Scarpiello dell’Europeun Youth Forum, Raffaella Bolini dell’Arci, Marco Furfaro di Sel, e Aitor Tinoco y Girona di Democracia Ral Ya.

??Prima parte delle interviste.

??Intervista a Ugo Mattei, giurista ed editorialista de il manifesto.

?Manifesto Europa. (M. E.): durante il convengo ha parlato di una Carta Europea dei Beni comuni. Cosa significa, dopo la vittoria dei referendum in Italia, portare in Europa questa battaglia politica?

?Ugo Mattei: il referendum sull’acqua ha fatto maturare, quantomeno in Italia, la consapevolezza che i beni comuni non sono delle semplici categorie merceologiche ma sono qualcosa in più. Sono un modo di stare insieme, un modo di governare gli spazi pubblici, un modo di partecipare alla democrazia in maniera più autentica rispetto al semplice esercizio del diritto di voto. La questione dei beni comuni deve essere portata a livello europeo perché è necessario rompere la tenaglia che esiste tra pubblico e privato, nella loro concezione tradizionale. Una tenaglia micidiale per la stessa sopravvivenza della specie umana su questo pianeta, che sta facendo dei danni terribili, a scopo di saccheggio delle risorse pubbliche e degli spazi di democrazia. Questa Carta dei Beni comuni che è stata lanciata dal Comune di Napoli, con una delibera solitamente molto innovative della nuova giunta, non è la soluzione di tutti i problemi ma potrebbe avere una funzione importante per far convergere su una piattaforma anche giuridica ciò che i movimenti stanno sviluppando in Europa, evitando la dispersione. Il problema dei movimenti è che funzionano sempre molto bene ma dopo un certo periodo di tempo si disperdono e non succede più niente. Dare continuità è molto importante, speriamo che questa sia la strada.

?M. E.: Ci sono forti resistenze che si oppongono al concetto di beni comuni. Ha parlato di Corporation, a cosa si riferisce? Ci sono anche gli Stati??

U. Mattei: I mercati finanziari sono oligopoli di nove o dieci gruppi internazionali bancari che conosciamo benissimo. Questi governano il sistema finanziario internazionale e sono più forti degli stati stessi perché controllano il processo politico. Quando in Italia abbiamo vinto il referendum si è scatenata una grossa discesa in campo di questi interessi e poteri forti che non sopportano il fatto che un paese così importante come il nostro abbia sviluppato una coscienza politica alternativa rispetto al neoliberismo. Credo che la speculazione e la strategia dell’emergenza che ne è seguita e che ci ha trascinato a questo vero e proprio colpo di stato, rappresenta il portato di un attacco di questo tipo. Bisognava portare tutto alla normalità. Un popolo terrorizzato dai propri conti in banca che spariscono è molto più docile rispetto ad un popolo consapevole dei propri beni comuni.?

M. E.: E’ finito Berlusconi ma non il berlusconismo. L’attuale Governo Monti è un governo vicino alle banche e alla tecnocrazia sovranazionale. Dove troviamo l’alternativa??

U. Mattei: Sicuramente la cosiddetta Seconda Repubblica è terminata ed è finita in questa Terza Repubblica che noi speravamo fosse la Repubblica dei beni comuni. Invece è diventata la Repubblica delle banche e della tecnocrazia. Queste battaglie sono battaglie di lungo periodo. C’è bisogno di mantenere vivo il risorgimento culturale che c’è stato in Italia soprattutto nella primavera scorsa. Bisogna che le esperienze europee e quelle di tutto il mondo si contaminino per cercare di ricreare un’idea di democrazia che non sia fasulla come quella che abbiamo adesso. Che questo sia un momento bello, direi proprio di no.

Intervista a Luca Scarpiello, European Youth Forum.

Manifesto Europa (M. E.): Giovani e precarietà: qual è l’alternativa??

L. Scarpiello: Ci deve essere un’alternativa. Aggiungerei a giovani e precarietà un’altra dimensione, quella del sistema produttivo. Non possiamo, in Europa, avere una forza lavoro composta da precari, non è sostenibile e non contribuisce a creare un sistema produttivo sostenibile. La precarietà è estremamente costosa per il nostro sistema soprattutto se fatta alle spalle dei giovani. Non è solo eticamente giusto non avere un sistema precario, è una sfida per la sostenibilità del nostro sistema produttivo, del nostro modello sociale e della nostra economia in generale. Sulla precarietà non si costruisce la via d’uscita dalla crisi.

?M. E.: l’European Youth Forum ha fatto un’interessante inchiesta sulla condizione degli stagisti in Europa. Qual è la principale problematica?

?L. Scarpiello: Non ci piace parlare di precarietà, vogliamo andare a lavorare sulle condizioni concrete e materiali dei giovani e trovare delle prospettive di lungo periodo. Lo stage è una realtà abusata fuori dai percorsi formativi. Di per sé non è uno strumento negativo, però deve essere uno strumento che mette a sintesi una esperienza formativa per un reale ingresso del mondo del lavoro che abbia degli standard di qualità alti, in termini di remunerazione e di condizioni come ad esempio l’accesso ai sindacati e l’ accesso a minimi diritti esigibili per tutti i giovani d’Europa.?

M. E.: Durante la conferenza si è discusso di Basic income. Potrebbe essere uno strumento di redistribuzione per gettare le basi per una nuova dignità del lavoro??

L. Scarpiello: Parlare di Basic income significa parlare di livelli salariali migliori, significa arrivare ad una copertura del welfare universalistica e non basata sulle contribuzioni. Significa inoltre coprire anche una transizione dei giovani dalla formazione al mercato del lavoro. Non è possibile oggi pensare di lasciare questa transizione senza una copertura che dia possibilità ai giovani di accedere all’autonomia. Il Basic income esiste già in molti paesi, per questo non costituisce una proposta di fuori dal normale ed impossibile. Ci vuole solo volontà politica. Il Basic income deve essere un nuovo patto sociale tra generazioni in Europa.

Intervista a Marco Furfaro, Tilt

?Manifesto Europa (M. E.): Al Forum si è parlato di precarietà e giovani. Qual’ è la direzione verso un’alternativa? ?

M. Furfaro: Oggi abbiamo discusso di come mettere in campo un movimento europeo. In tutta Europa sono scese in piazza soprattutto le nuove generazioni. C’è un filo rosso che lega ogni piazza anche se con modalità e rivendicazioni diverse. Un’intera generazione si è trovata precaria non solo dal punto di vista lavorativo, ma precaria nelle proprie esistenze, precaria nella mancanza di diritti civili, nella mancanza di diritti di cittadinanza, di mobilità, di diritto allo studio. In Italia manca per questi ragazzi l’opportunità di mettere il proprio talento, qualunque esso sia, al servizio della comunità. Dobbiamo mettere al centro di un’alternativa europea due cose: la prima è la democrazia. L’Europa deve essere l’Europa dei cittadini e non un’Europa che sceglie la Bce e la finanza. C’è bisogno di un’Europa in cui la politica abbia il primato e che governi i mercati al fine di mettere in campo un’idea nuova di società. Credo che dobbiamo inserire il reddito minimo garantito in Europa ed in tutti i paesi europei, per far uscire i giovani da un tunnel senza fine della precarietà. C’è anche un’altra Europa come quella del Parlamento europeo che chiede a tutti gli stati, attraverso una risoluzione, di introdurre un reddito minimo garantito pari al 60% del reddito mediano nazionale. ?

M. E.: La crisi economico-finanziaria rappresenta anche una crisi democratica e sociale. Gallino ci ricorda che è anche una crisi di civiltà. Si ripropongono ricette neoliberiste di austerity. Di cosa abbiamo bisogno per uscire dalla crisi??

M. Furfaro: Abbiamo bisogno di ridistribuire le ricchezze perché la crisi non è figlia di non-scelte piovute dal cielo. La crisi è figlia di scelte politiche e di un modello che è andato in crisi. E ora si sta tentando di rimettere in campo quel modello con misure che vanno a far pagare coloro che la crisi l’hanno subita. La crisi è stata generata da mercati che non sono mai stati regolati ed una finanza che investe capitali senza creare produttività. Quindi abbiamo bisogno di misure che ridistribuiscono ricchezza come la patrimoniale e la tassazione delle rendite a livello europeo. Con la redistribuzione delle ricchezze, ad esempio, i ceti medio-bassi possono avere l’opportunità di avere una vita dignitosa. Ridistribuire ricchezze significa per investire in saperi, in formazione, in lavoro.

?M. E.: Il 15 ottobre i popoli sono scesi in piazza contro la sovranità finanziaria, contro la precarietà per una democrazia reale. Si è creato un forte movimento come Occupy Wall Street che presidia le borse della finanza globale. Questi movimenti possono coordinarsi e creare un’alternativa??

M. Furfaro: Penso di si e penso che ci sia l’esigenza di farlo. C’è un terreno comune. Questi movimenti hanno individuato il problema vero, cioè chi ha creato questa crisi finanziaria, ovvero le banche, i mercati che non sono regolamentati. Queste persone scendono in piazza per dare dignità alla politica, che non significa dare dignità ai partiti, significa mettere in campo un’altra idea di società, in cui ogni persona possa innanzitutto scegliere quale modello applicare per la propria vita. Non si può delegare ad una lettera della Banca Centrale. Quest’ultima può dare dei consigli ed effettuare politiche economiche, ma c’è la politica prima di tutto. La politica rappresenta le istanze dei cittadini e deve mettere in campo delle misure che li coinvolgano innanzitutto e che tutelino le istanze dei più deboli.