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Tra Traduzione e Azione – Nuove forme di mobilitazione politica

Questo articolo è parte del Transeuropa Journal, la pubblicazione ufficiale del Transeuropa Festival

di Niccolo Milanese
traduzione Francesca Lucci

Le varie proteste, occupazioni e campagne virali online che hanno catturato l’immaginazione dei media e di molti cittadini a partire dalle rivolte arabe del 2010 e 2011 mettono in discussione l'attuale sistema di potere, elaborando manifesti politici alternativi e utilizzando forme più o meno nuove della politica. “Occupy!” è percepito sia come una protesta nei confronti di certe politiche specifiche, sia come un nuovo modo di essere politico, di fare politica, che non rientra nei modi delle istituzioni politiche attuali. La conseguenza di ciò è che la mobilitazione politica può ora utilizzare le forme più tradizionali come esibire manifesti, rivolgersi ai politici e decisori attraverso proteste, lobbismo e campagne di sensibilizzazione, ma anche organizzare un'alternativa politica sul campo attraverso valute alternative, agorà pubbliche, picnic di protesta, flash-mob, corsi universitari tenuti all'aperto e così via.

Il risveglio di una nuova forma di consapevolezza politica si trova di fronte svariate sfide, ma due sono i modi cruciali per poter arrivare a comprenderne molte: come un problema di traduzione e come un problema di azione.
Uno dei punti di forza della nuova ondata di mobilitazione politica risiede nella sua natura transnazionale: nuove reti di comunicazione, solidarietà e comprensione si stanno instaurando in numerose parti del mondo, da Tokyo a Pechino, dalla Russia all'Europa e dal Mediterraneo al Nord America. La maggiore velocità di comunicazione tra i continenti ha contribuito in maniera massiccia a rendere possibile quest'ondata di protesta transnazionale. Tuttavia, il problema della traduzione tra tutti questi contesti è regolarmente sottovalutato.

Ovviamente, esistono delle differenze politiche notevoli e significative tra l'Egitto di Mubarak e la crisi greca dell'euro; tra Wall Street e Francoforte. Altrettanto lampanti sono però anche le similitudini, le quali tuttavia devono essere messe in evidenza attraverso la traduzione. Gli slogan “Democrazia Reale” o “Noi siamo il 99%”, che si sono prestati a twitter e agli altri mezzi di comunicazione, mantengono unita una coalizione globale attraverso la loro generalità, ma le situazioni politiche concrete dietro ognuno di essi sono spesso piuttosto differenti. Affinché la coalizione sia efficace in ciascun contesto politico senza frantumarsi, la traduzione deve avvenire in modo tale da mettere in relazione lo specifico con il generale. La coalizione transnazionale, per mantenere la sua unità nel corso del tempo così come la sua efficacia, deve promuovere una consapevolezza condivisa dei vari contesti e di come questi siano in relazione alle opinioni generali.
L'Europa gioca un ruolo pressoché unico in questo scenario: essa è sia un crogiolo di informazioni condivise sia una sorta di machina traduttiva gigante. Le culture e i popoli di qualsiasi parte del mondo sono presenti in Europa, rendendola così un luogo dove condividere conoscenza e informazione sulle situazioni politiche di tutto il mondo. Allo stesso tempo, e forse diversamente dagli Stati Uniti che rivendicano in modo simile da più tempo di essere il melting pot del mondo, traduzione e diversità confluiscono nell'autocomprensione europea. L’Europa si trova pertanto nella posizione di forza universalizzante che mantiene diversità e pertinenza ai vari contesti politici.
           
La seconda sfida riguarda l'altra parte della sfida della traduzione, ossia quella di essere politicamente efficaci nei diversi contesti politici, la sfida del mettere in atto. Mentre la traduzione ha il compito di mantenere l'unità della coalizione transnazionale, affinché quella coalizione raggiunga il suo scopo, deve avere un effetto autentico. Ci sono state delle vittorie sostanziali nel corso degli anni passati per coloro che si sono mossi in direzione della democrazia e dell'uguaglianza, sia che si trattasse del superamento delle dittature nel sud del Mediterraneo o la prassi della discussione sulla tassa per le transazioni finanziarie che si trovava ai margini del dibattito politico. Tuttavia ci sono state anche molte occasioni dove il cambiamento non è avvenuto. Il movimento Democrazia Reale in Spagna, per esempio, non è stato in grado di cambiare la direzione della politica nel paese.

Uno dei punti di forza del movimento è fare politica in modo nuovo e costruire fuori dalle istituzioni, ma il rischio è quello dell'impotenza se manca una strategia per coinvolgere le istituzioni politiche esistenti che ancora detengono il potere. Il movimento deve essere abbastanza intelligente da cambiare le istituzioni politiche formali mentre ne limita l'importanza. Il nuovo movimento democratico ignora le frontiere dove la politica tradizionale è costretta a fermarsi e negoziare, ma il nuovo movimento democratico deve ancora esprimere tutto il suo potenziale per non permettere alla politica tradizionale di nascondersi tra gli scaglioni delle strutture che ha creato per proteggersi. La sfida è particolarmente complessa in Europa dove la sovranità politica appartiene a vari attori e istituzioni: cambiare la politica di un paese non sarà sufficiente a cambiare la politica dell'Europa nel suo insieme.

Proprio questa caratteristica della situazione europea rispecchia la sfida dell'azione del movimento democratico nel suo complesso, che ha bisogno di essere allo stesso tempo specifico e generale, in un mondo globalizzato dove nessun attore politico detiene il dominio totale sul suo territorio, e solamente facendo ciò raggiungerà il cambiamento sostanziale e duraturo a tutti i livelli. Anche da questo punto di vista, l'Europa è il laboratorio di una nuova politica oltre lo stato nazione, che è allo stesso tempo transnazionale e locale.
 

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