Oct 25, 2014
3 Domande a … Andy Williamson
Andy Williamson parlerà al FixEurope Campus a Berlino (dal 21 al 24 Ottobre). E’ un esperto in democrazia digitale, innovazione e impegno (civico) in trasformazione riconosciuto a livello internazionale. Un facilitarore esperto, consulente, ricercatore e commentatore che focalizza la sua attenzione sul digitale, la società e la politica, Andy ha una passione per i metodi innovativi messi al servizio di una democrazia che lavori meglio per tutti noi. È il fondatore di Democratise ed è tra l’altro Presidente di Do it UK e direttore della Democratic Society.
Traduzione di Brunella Nobile
Che cosa intendi con democrazia “personale”?
La democrazia e l’autorità tradizionale, gerarchica, basata sul potere sta morendo. I vecchi sistemi sono arroganti, basati sul controllo e non più appropriati. Questi sistemi non sono più adatti allo scopo. tuttavia, non è semplice cambiarli a causa del potere distribuito nel sistema corrente. Laddove la società rimane stratificata, il potere rimane nelle mani di pochi e la democrazia è focalizzata sul “fare per” invece che sul “fare con”. E’ più paternalismo che collaborazione. L’uso errato del potere erode la legittimità democratica in sé e con un risvolto ironico, l’allontanamento creato dà ancora più potere a chi già lo detiene.
Il potere distribuito, ben usato, si trova al cuore dell’opportunità. Parliamo di allontanamento civico ma questo è allontanamento dalle strutture formali del governo e della politica, non dall’azione civica, dalla protesta o dal volontariato di quartiere. Democrazia “personale” significa far muovere i nostri sistemi democratici verso un modello che valorizza un più ampio contributo da un più ampio numero di persone e che si presta alla collaborazione e alla co-creatività. Questo percorso viene accelerato dai nuovi media digitali e sociali, che portano le persone a discutere di più, rendono più facile essere connessi, condividere e aggregare conoscenza. In sostanza, infine, la democrazia personale è un cambiamento culturale supportato da nuovi modi di pensare alle relazioni di potere. È la portata umana del cambiamento nelle nostre relazioni culturali e sociali e i cambiamenti nelle relazioni di potere che accelereranno, interromperanno e incorporeranno la trasformazione rendendola duratura.
Che ostacoli si incontrano per essere cittadini attivi? E come possono essere superati?
Dal punto di vista tecnico, l’ostacolo più grande (quando lo chiediamo) sembra essere il “tempo”. Ad ogni modo non possiamo prendere del tutto sul serio questo assunto. Troviamo sempre il tempo se siamo abbastanza motivati. Ciò che realmente ci manca è la motivazione a partecipare nell’ambito della democrazia tradizionale.
Sebbene alcuni paesi sbandierino orgogliosamente una affluenza alle urne e fiducia maggiore di altri, questo non rappresenta un indice di cittadinanza attiva: è come dormire in piedi tra la folla, seguendo i dinosauri verso la cometa. 1
Proprio in Europa abbiamo visto i votanti guardare con interesse proprio a quei partiti che combattevano le strutture democratiche tradizionali sia a destra che a sinistra. Non puoi costringere la gente ad impegnarsi attivamente secondo le tue regole, soprattutto se non crede più in te e si sente distante dal processo. Non è colpa solo dei cittadini ma anche di governi sempre più tecnocratici e remoti e dell’emergere di una élite politica che sembra autorigenerarsi. Le persone si sono allontanate da questi sistemi fuori dal mondo, ma non dalle cose a cui tengono, lo fanno solo in un modo che il sistema non riconosce e non rispetta.
Se la società è cambiata allora dobbiamo chiederci che cosa possiamo fare per indirizzare questo cambiamento del potere, farlo crescere e maturare verso una nuova forma di democrazia, una forma attiva e basata sulla deliberazione, l’inclusione e la co-creazione. A un livello molto pratico, dobbiamo considerare modi nuovi per incentivare l’impegno, che vadano dall’apprezzare genuinamente le persone che donano il loro tempo ed energie e rendendo chiaro che cosa rappresenta per i partecipanti ad esempio attraverso l’adozione di alcuni principi delle teorie di gioco che possono fornire incentivi diretti, premi e anche gare tra i partecipanti. Dobbiamo costruire processi collaborativi in cui le persone non solo portano a termine un compito o partecipano a un incontro, ma co – progettano il processo stesso. Attraverso tutto il percorso i governi collaborano con i cittadini. Il processo è trasparente e aperto, i risultati sono chiari e le azioni giustificate dal processo.
Qual’ la questione europea più importante in questo momento?
La democrazia moderna è complessa e complicata, luoghi differenti portano sfide, problemi e soluzioni differenti, la democrazia è al suo interno costruita culturalmente intorno a dove viviamo e riflette le norme, le aspettative ed i nostri più ampi interessi sociali. Tuttavia è da notare che, almeno in Europa, condividiamo molti interessi e sfide, la fiducia precipita, la percentuale di affluenza alle urne sta crollando e, come abbiamo visto nelle elezioni del Parlamento Europeo del 2014, c’è una disconnessione sempre maggiore tra la politica tradizionale e la democrazia basata su questioni concrete.
Se vogliamo trasformare questa situazione, costruire la partecipazione democratica e ristabilire la fiducia dobbiamo rendere la democrazia attraente per le persone, per tutti noi. Per fare ciò abbiamo bisogno di nuovi modi di lavorare, nuove competenze, e volontà di lasciar andare il controllo. Dobbiamo accettare che la democrazia non può essere una “taglia unica” e che nessuno ha tutte le risposte. Nuove soluzioni devono scaturire dalla collettività e noi dobbiamo:
- riconsiderare la nostra relazione tra persone e luoghi
- sfidare l’elitarismo della democrazia
- comprendere il processo e interfacciarci con i risultati dell’impegno e
- costruire spazi per leadership coraggiose