Aug 5, 2014
Terragiusta. Campagna contro lo sfruttamento dei lavoratori migranti nell’agricoltura
Articolo di Giulia Bari, Medici per i Diritti Umani (MEDU)
Traduzione di Roberto Carloni
Il settore agricolo italiano dipende fortemente dalla presenza di lavoratori migranti, la maggior parte dei quali, in particolare nel Sud Italia, viene sfruttata. Guadagnano tra i 25 e i 30 euro al giorno, spesso non hanno un contratto di lavoro e, in molti casi, un “caporale” funge da intermediario con l’impresa. Inoltre, la maggior parte vive in baraccopoli, cascine abbandonate o tende, in cui le condizioni igieniche e di vita sono pessime. Il progetto Terragiusta, gestito da MEDU, intende intervenire con una clinica mobile nelle zone isolate lontane dai centri urbani e caratterizzate da una forte emarginazione. Lo scopo è quello di fornire sia assistenza medica che consulenze socio-legali e sanitarie ai lavoratori migranti. Inoltre, verrà svolta un’indagine al fine di valutare le loro condizioni di vita dal punto di vista sanitario, lavorativo e abitativo.
Il primo intervento a medio termine è stato effettuato in Calabria (Piana di Gioia Tauro), dall’8 febbraio all’8 Aprile 2014, a causa delle allarmanti condizioni lavorative e di vita dei migranti durante il periodo invernale. Nell’arco di due mesi, il team di medici ha fornito sia consulenze socio-legali e sanitarie che assistenza medica a 260 migranti. La maggior parte dei pazienti erano giovani (l’80% aveva meno di 35 anni) e provenivano per lo più dal Burkina Faso, dal Mali, dal Ghana, dalla Costa d’Avorio e dal Senegal. Inoltre, nel 70% dei casi, i migranti possedevano un regolare permesso di soggiorno e quasi la metà (45%) aveva diritto allo status di protezione internazionale o “umanitaria”. Il 95% ha vissuto in Italia per più di due anni e il 68% possiede una conoscenza sufficiente o buona della lingua italiana. L’89% non ha lavorato con un contratto in regola e il 64% ha percepito, in media, una paga pari o inferiore ai 25 € al giorno. Quasi la metà dei migranti (46%) non lavorava per più di tre giorni a settimana, facendo turni di sette o otto ore. Tuttavia, un individuo su quattro ha dichiarato di aver lavorato nove o dieci ore al giorno. Un terzo dei pazienti che sono stati esaminati dai medici di MEDU consumava solo due pasti al giorno, mentre la maggior parte delle malattie diagnosticate all’interno di una popolazione giovane e sostanzialmente in buona salute è dovuta alle pessime condizioni abitative, igienico-sanitarie e lavorative. Tutti i migranti intervistati possedevano dei guanti da utilizzare come dispositivo di sicurezza sul posto di lavoro, mentre solo il 29% aveva scarpe adeguate. Nel 97% dei casi, i dipendenti hanno dovuto acquistare il proprio abbigliamento di sicurezza, poiché non era stato fornito loro dall’impresa.
Il secondo intervento a medio termine è stato effettuato in Campania (Piana del Sele), dal 24 aprile al 24 giugno 2014. Nell’arco di dei due mesi, MEDU ha intervistato 177 lavoratori migranti, di cui 133 hanno beneficiato del servizio di assistenza medica e delle consulenze fornite dalla clinica mobile dell’associazione. Dei 177 individui intervistati, l’85% sono uomini di età media compresa tra i 35 e i 36 anni, provenienti principalmente dal Marocco (85%), dall’Algeria (6,2%) e dalla Romania (5,7%). Come nel caso di Piana di Gioia Tauro, il 70% dei migranti è in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Tuttavia, se gli stranieri impiegati nel settore agricolo in Calabria erano per la maggior parte rifugiati o beneficiari di protezione internazionale, nella Piana del Sele oltre l’80% dei migranti ha un visto lavorativo. Inoltre, è spesso vittima di raggiri al momento di rinnovare il permesso di soggiorno e il contratto di assunzione, il quale viene svuotato del suo valore poiché i datori di lavoro dichiarano meno della metà delle ore svolte dai dipendenti.
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Rosarno e la Piana di Gioia Tauro sono rimasti soli
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www.mediciperidirittiumani.org