Ungheria, stop alla democrazia. L’Europa agisca adesso

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Il primo ministro Viktor Orban. Flickr/EPP. Some rights reserved

di Lorenzo Marsili, direttore di European Alternatives e portavoce dell’Iniziativa europea per il pluralismo dei media

“Il Mussolini ungherese vuole fare del suo stato – pur membro della Ue – uno stato illiberale”, titola Newsweek. Il Premier ungherese Viktor Orban gioca finalmente allo scoperto. In una recente manifestazione di sostenitori del partito ha candidamente dichiarato di essere al potere per trasformare il paese in uno stato illiberale.

Argomentando che le democrazie occidentali liberali non possono restare competitive a livello globale, e che la Cina, la Russia e la Turchia dovrebbe essere prese come esempio da seguire. E’ vero che noi in Italia siamo abituati a politici che la sparano grossa. Ma queste allarmanti dichiarazioni sono, purtroppo, supportate da fatti. Si susseguono infatti anni di leggi sempre più restrittive in Ungheria, che hanno messo in pericolo l’indipendenza della magistratura, i media e la società civile, e hanno blindato il potere del partito di governo, Fidesz. Nel mese di aprile 2011, una riforma costituzionale ha messo a tacere la corte costituzionale, permettendo al governo di passare qualsiasi legge ritenga opportuna.

Nello stesso anno una inusitata riforma dei media ha posto tutti mezzi di comunicazione, pubblici e privati, sotto tutela dello Stato, portando alla manipolazione diffusa del pubblico radiotelevisivo, alla censura diretta e alla chiusura dei media di opposizione. Con maggior finezza, ma ancor più efferatezza, ha provato a mandare in bancarotta il canale televisivo internazionale RLT, colpevole di aver criticato il regime e di risultare insensibile agli ordini di Orban. Il risultato? La paura domina la società ungherese. Parenti e amici di esponenti dell’opposizione sono stati espulsi dal lavoro, quel modesto numero di Ong che ricevono aiuti internazionali sono finite nella lista nera, e alcuni donatori stranieri, quali il Fondo civile norvegese, si trovano a veder minacciata la loro licenza di esercizio.

Le istituzioni internazionali hanno fatto sentire la loro voce in maniera crescente. Il Consiglio d’Europa ha scritto al primo ministro ungherese per rendergli nota la sua preoccupazione per la revisione delle ONG. E l’OSCE, che aveva già aspramente criticato la nuova legge sui media, ha sottolineato in un rapporto pubblicato di recente che nel Paese i media danno un giudizio largamente negativo del partito di governo. Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione europea, si è espressa contro il tentativo di far fallire l’emittente dell’opposizione: “RTL è uno dei pochi canali in Ungheria che non promuove il partito Fidesz; è difficile vedere che l’obiettivo dell’aggressione a questa televisione sia diverso dal portare l’Ungheria fuori dall’Europa”. E vede “un modello in contrasto con i valori dell’Unione”, che rischia di condurre “ad un periodo diverso e più oscuro nella storia ungherese”.

Una azione concreta deve seguire queste parole. L’Unione europea ha gli strumenti per agire e dimostrare che una sospensione della democrazia non sarà tollerata. L’articolo 7 del trattato sull’Unione europea instaura un meccanismo di prevenzione in caso di rischio di violazione dei valori comuni dell’Unione da parte di uno Stato membro, e di un meccanismo di sanzioni in caso di violazione effettiva. Le sanzioni comprendono la sospensione del diritto di voto in seno al Consiglio europeo, il congelamento dei fondi strutturali per il paese, e se non c’è un ravvedimento, l’espulsione dall’Unione. La procedura di cui all’articolo 7 deve essere attivata ora.

Con l’Ungheria fortemente dipendente dai fondi strutturali dell’UE, con il 97% dei progetti di investimento che richiede il sostegno dell’Unione europea, la semplice minaccia di sospensione servirebbe a mandare un messaggio forte a Viktor Orban. Servirebbe per mostrare ai cittadini ungheresi, spaventati dal regime autoritario, che non saranno lasciati soli. E renderebbe noto ai vicini europei – che si tratti della Turchia di Erdogan del governo dell’Azerbaigian – che il blocco non è disposto a tollerare una erosione delle norme democratiche. Per evitare che una situazione come quella ungherese torni a verificarsi in futuro, l’Europa deve agire per porre in essere una maggiore tutela dei diritti fondamentali. Questo include la protezione della libertà e il pluralismo dei media in Europa.

Oltre duecentomila persone hanno firmato una Iniziativa dei cittadini europei per chiedere una direttiva che tuteli l’indipendenza della stampa in tutto il continente. Questa domanda dovrebbe essere esaminata con una valutazione non soltanto quantitativa dalla Commissione europea, e un progetto di legge dovrebbe essere prodotto immediatamente. L’Europa è la culla della civiltà democratica. E l’Italia ha la presidenza di turno del Semestre Europeo. Spetta ora alle istituzioni europee, a Roma e a Bruxelles, dimostrare che questo continente si alzerà e fare quello che serve per difendere la democrazia.